Dopo quattordici ore filate a fissare dei cadaveri,
questo è quello su cui rifletti. L’avete mai fatto?
Li guardi negli occhi anche se in foto.
Non importa che siano vivi, o morti.
Puoi ancora riuscire a capirli.
E sapete cosa ci si legge?
Gratitudine… non è immediato, ma… eccoli lì, nell’ultimo istante.
Si legge un sollievo inconfondibile.
Vedete, avevano paura…
e poi hanno visto,
per la prima volta, quanto fosse facile lasciarsi andare,
e l’hanno visto… hanno visto,
in quel nanosecondo… quello che erano.
Che tu, tu stesso… quell’enorme tragedia…
non erano altro che un insieme di supposizioni e insulse volontà.
E puoi semplicemente lasciarti andare.
E che finalmente, non dovevano più resistere…
per capire che la vita… l’amore, l’odio, i ricordi, il dolore…
era tutto la stessa cosa.
Tutto lo stesso sogno, un sogno nascosto in una stanza segreta.
Il sogno di essere… una persona.
Da “La stanza sigillata” – True detective (di Nic Pizzolatto)